27 nov 2010

The infidel, Las marimbas del infierno, Kaboom

La giornata di oggi prevede la visione di tre film, a partire dalle 17.00, che al mattino son troppo calata nel mio ruolo di casalinga disperata per poter partecipare. Abbandono Poisonville con largo anticipo (che c’è da cercare il parcheggio e non ho nessuna voglia di far le cose di fretta, che non è un lavoro) e mi dirigo in città. Nonostante il primo film sia al Cinema Ambrosio il parcheggio lo cerco nella zona del Massimo, in quanto l’ultimo film della giornata lo vedrò al Massimo, e quindi pigrizia vuole che io possa recuperare l’auto relativamente vicino.Nel portafoglio posso sfoggiare BEN 10 euro tutti interi. Che mi sembrano pochini. Così cerco di far mente locale se sul mio percorso incontro uno sportello della mia banca. So per certo che ce n’è uno in corso Belgio, ma quando ci passo davanti non riesco a fermarmi. Decido che per una volta posso dilapidare ben 2 euro di spese prelevando dal primo bancomat che troverò sul cammino. E invece. Parcheggio in corso San Maurizio. Vicino ad un’agenzia della “mia” banca. Pago il parcheggio, prelevo dei soldi e mi incammino verso corso Vittorio. Mando un sms a sua bionditudine, e ci troviamo in centro. Lei è riuscita a comprarsi una gonna, io una maglia. Arriviamo all’Ambrosio e la coda per entrare in sala arriva fino alle porte di ingresso. Io e la bionda ci guardiamo, un po’ perplesse e un po’ rassegnate, e ci accodiamo.


Riusciamo ad entrare in sala e a prendere pure dei posti decenti. Il film è “The infidel”, del regista inglese Josh Appignanesi e racconta la storia del musulmano Mahmud Nasir, che, alla morte della madre, scopre in un colpo solo di essere stato adottato, e che il suo vero nome è Solly Shimshillewitz, ebreo. Riuscirà a confessarlo soltanto al burbero Leonard, tassista ebreo vicino di casa della madre, e, in un susseguirsi di fraintendimenti, cercherà di capire chi è davvero. Applausi a scena aperta per un film che ridicolizza ogni tipo di estremismo. Dovrebbe uscire nelle sale dal 10 dicembre, e, se fossi in voi, non me lo perderei. Uscita dall’Ambrosio mi sono fatta una gelida passeggiata fino al Massimo, dove, alle 20.00, iniziava il guatemalteco “Las marimbas del infierno” storia di Don Alfonso che, vittima di un’estorsione, perde tutto ad eccezione della sua marimba, strumento tradizionale del centro america e che, per tirare a campare, grazie all’aiuto del figlioccio Chiquilin, sniffatore di acetone professionista, formerà un gruppo con una band di heavy metal. So che messo giù così sembra orribile, ma non è così pessimo. E poi, per finire la serata, niente di meglio di un delirante Gregg Araki con il suo “Kaboom”, vincitore della Queer Palm all’ultimo festival di Cannes, dove Smith, il bellissimo protagonista bisessuale, sogna complotti planetari fra sette, feste, streghe e surfisti. Delizioso.

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