4 mar 2011

Un gelido inverno


Che, oltre ad essere una constatazione evidente, è, casualmente, anche il titolo del film che ho visto ieri sera.
Perchè la sera che avevo in programma di andarlo a vedere durante l’ultimo TFF, guarda un po’, nevicava. E mi tenni.
Invece ieri sera, guarda un po’, nevicava. Che, a sapere che funziona così, sarei andata a vedere Pranzo di Ferragosto, metti mai che all’uscita dalla sala mi aspettassero 30 gradi.
Il livello aspettative mio e di sua bionditudine era al massimo, vuoi perchè chi era riuscito a vederlo al TFF ce ne aveva parlato bene, vuoi perchè il TFF l’ha addirittura vinto, vuoi perchè Jennifer Lawrence era candidata all’oscar come miglior attrice protagonista e John Hawkes abbia ricevuto la nomination per il miglior attore non protagonista, vuoi un po’ tutte queste cose, che, inevitabilmente alla fine siamo uscite dalla sala sicuramente consapevoli di aver visto un gran bel film, ma guardandoci un po’ perplesse come se ci aspettassimo dovesse succedere chissà che.
Diciamocelo, le aspettative sono una merda.
Ma anche il doppiaggio (dove – probabilmente per risparmiare – sono stati sapientemente eliminati tutti i congiuntivi e/o condizionali) a mio parere pessimo, ha contribuito a rovinare un film interessante, o magari no, semplicemente vederlo senza aspettarsi IL capolavoro di cui tutti avevano parlato mesi addietro avrebbe aiutato.
La storia è quella di Ree, figlia adolescente di uno spacciatore scomparso che per pagarsi la cauzione ha impegnato la casa e il terreno, nella quale la ragazza vive con una madre che definire catatonica è renderla vivace, e due fratelli più piccoli. Contornata da una serie di personaggi borderline in qualche modo tutti imparentati fra loro (e, a parte lo zio Teardrop – il già citato John Hawkes, eccellente - nemmeno si capisce come, se escludi il fatto che son tutti dei gran figli di puttana). Per evitare di perdere la casa la ragazza si mette sulle tracce del padre, perché sa che è l’unica che può farlo. Assumendo il ruolo di capofamiglia che, a quell’età, non le dovrebbe competere, e caricandosi di un fardello di responsabilità da superare con la sola forza di volontà, affrontando la diffidenza e la cattiveria di quella comunità in cui vive, quella dove, per intenderci, se non sei un figlio di puttana, sicuramente la cittadinanza non te la danno.
Ma Ree sembra avere tutte le caratteristiche per farcela, perché è uno spirito battagliero. E selvatico quanto basta per non soccombere.  
Questo è quanto.
Comunque, se mai dovessi andare in Missouri, vi avverto: lo scoiattolo fritto io non lo mangio.

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