31 lug 2014

Barolo sì e Barbaresco no?

Le altre parti del racconto: 1 e 2.
Martedì mattina ci svegliamo. Giornata splendida, avevate dei dubbi? Ma noi dobbiamo tornare a casa. Che, se mi fossi informata meglio, avrei potuto azzardare un giorno in più e spostarmi a Monforte d'Alba per assistere al concerto dei Calexico, ad esempio. E invece.
Abbandoniamo il Red Wine e decidiamo di fare tappa a Barbaresco, dove, colpevolmente, né io né la bionda siamo mai state.
Il paese se possibile è ancora più piccolo di Barolo, molto molto carino, dominato dalla torre medievale, vero e proprio simbolo del paese, pare risalente al XI secolo. 
L'Enoteca del Barbaresco invece ha sede nella (ex?) chiesa di San Donato, e una visita - se siete arrivati fin qui - è praticamente d'obbligo.

Noi le abbiamo riservato una visita veloce, in quanto eravamo appena uscite dalla cantina de "Le Rocche dei Barbari", dove, entrate semplicemente per curiosare, siamo state accolte dalla titolare, un'arzilla signora di 87 anni, (se mi dite dove bisogna firmare per arrivarci così io lo faccio subito) che ci ha subito detto "Dovete assolutamente assaggiare questo barbaresco del 2003!", e ci ha messo a disposizione i grissini con un tagliere di formaggi. Noi abbiamo provato a dirle che non erano nemmeno le 11.00 di mattina e che non ci sembrava il caso di iniziare a bere a quell'ora, ma non c'è stato verso di convincerla, e quindi cosa vuoi fare, offendere la vecchina? Non sia mai!
Peccato che, mentre eravamo lì con il nostro calice in mano sia sopraggiunto il figlio, che ci ha quasi ammonito con un: "Eh no, dovevate cominciare con il 1998! Adesso finite quello e poi cominciate dall'inizio, così potete cogliere meglio tutte le differenze..."
E di nuovo, contraddirlo ci sembrava brutto.
Soprattutto perché ha iniziato a raccontarci - oltre alla descrizione dei vini - la storia e tutto il resto, e si capiva benissimo che è una persona che ama il suo lavoro e lo fa con passione, ed ascoltarlo è stato un vero piacere.
Se non avessi la memoria di un pesce rosso vi racconterei qualcosa, ma, per evitare di dire minchiate (anzi, più minchiate del solito), evito.
Poi, dopo averci fatto degustare tutto il degustabile, ci ha lasciato di nuovo nelle mani della fantastica signora, che ha iniziato a parlarci un po' della sua vita, dei nipoti, e di lei che tutte le sere beve un bicchiere di vino con lo zucchero, ché gliel'ha consigliato il dottore. E alla fine siamo uscite dalla cantina contente (nonché vagamente alticce) e con un paio di bottiglie a testa in mano...
Siamo quindi partite alla volta di Bra, dove per pranzo ci siamo fermate all'Osteria del Boccondivino, quindi ci siamo concesse un veloce giro di shopping e poi ci siamo messe alla ricerca di una macelleria per tornare a casa con la mitica salsiccia di Bra. E' stato più complicato del previsto perché almeno 4 macellerie erano chiuse per ferie, ma alla fine siamo riuscite a tornare a casa con il nostro bel mezzo metro di salsiccia a testa. Immagino sia superfluo spiegarvi con cosa ho cenato per due sere, vero?
La cosa più difficile è stata tenere lontano Settechilidigatto. Ovviamente senza riuscirci.
Ci credo che poi quando gli apro le scatolette le annusa schifato e se ne va.


29 lug 2014

di Collisioni, sole e pioggia (e cibo, e vino...)

(La prima parte qui.)

La serata non è ancora finita. Dopo il concerto di Elisa, ci siamo spostate verso la piazza rosa, dove, a mezzanotte, iniziava il concerto di Suzanne Vega. Abbiamo aspettato comodamente sedute sulla panca dello stand che vendeva piadina piemontese (io non dico niente), poi, siccome siamo giovani (ma solo dentro), la stanchezza ha iniziato a farsi sentire e dopo tre canzoni abbiamo deciso di abbandonare la piazza e ritirarci nella nostra cameretta...
Domenica mattina abbiamo oziato allegramente, prima di trasferirci a pranzo all'Osteria Veglio.
Al grido di "siamo due donnini morigerati" abbiamo preso il menu degustazione che per 38€ offre: 3 antipasti, primo, secondo, dolce, acqua e caffè. Ovviamente il vino è a parte, e noi abbiamo assaggiato un Nebbiolo di Veglio. Mangiato sulla terrazza panoramica, piatti molto buoni, i plin ordinati dalla bionda erano semplicemente perfetti, e anche i miei tajarin non erano da meno... Unica pecca, il servizio un po' lento, ma, se non avete fretta - e noi non ne avevamo - è davvero un posto molto carino dove pranzare. Sempre meglio prenotare, però. 

A pranzo finito siamo passate in camera a posare quello che rimaneva della nostra bottiglia di vino, e poi ci siamo incamminate verso Barolo.
Abbiamo raggiunto la piazza Blu dove stava parlando Herta Muller, scrittrice romena naturalizzata tedesca, premio Nobel per la letteratura nel 2009, che per il suo rifiuto di collaborare con la Securitate (polizia segreta ai tempi del regime di Ceausesco) perse il lavoro (e anche la libertà) e la possibilità di pubblicare i suoi scritti. Nel 1987 riuscì a trasferirsi in Germania, e ascoltarla è stato davvero emozionante, infatti alla fine del dibattito è scattata una strameritata standing ovation.


Riusciamo per un'incredibile botta di culo ad accaparrarci un posto in prima fila, ed è la volta di Francesco De Gregori che, in compagnia di Steve Della Casa presenta il libro fotografico "Guarda che non sono io", che sarà in vendita in libreria - se non erro - dall'inizio di settembre. De Gregori con gli anni ha perso quella scontrosità che lo caratterizzava, e, oltre ad essere un uomo che io trovo davvero affascinante, è diventato anche simpatico. Il libro ripercorre la carriera del cantautore attraverso immagini spesso inedite, oltre ad appunti e manoscritti.

Approfittiamo di un momento di coda inesistente per procacciarci la cena allo stand del Friuli Venezia Giulia, dove ci concediamo anche un bicchiere di vino (bianco) come aperitivo, e poi, con il nostro panino con il San Daniele in borsa, facciamo un giro per il paese, troviamo un locale dove la coda per i bagni non è sterminata e decidiamo di fare una sosta. Da lì saliamo al castello, e poi arriviamo all'Aula Picta, dove, fino al 22 agosto, c'è un'interessante mostra fotografica su Frida Kahlo, e io ne approfitto per acquistare la locandina; quindi ci spostiamo nella piazza principale ad ascoltare Marco Travaglio. Che starà sul cazzo a parecchie persone, ma io ogni volta - nonostante dia spesso l'impressione di essere l'unico depositario della verità assoluta - resto incantata ad ascoltarlo. Da un Nobel all'altro, tocca a Dario Fo, ovvero 88 anni e riuscire a stare sul palco per un'ora e mezza senza esitazioni. Risate applausi e un po' di commozione, anche da parte dell'artista, che al momento dei saluti dice "invitatemi anche l'anno prossimo"...
Si arriva al termine della serata e tocca a Caparezza, che dal vivo è sempre un gran spettacolo.
Lasciamo la piazza prima della fine del concerto (e prima dell'inizio della pioggia), e torniamo alla nostra stanza. E a quello che è rimasto della bottiglia di vino, che sorseggiamo tranquillamente in veranda prima di andare a letto...

la stanza si accende, è quasi mattino, 
c'è sempre una penna sul comodino. 
China Town. 
Il luogo non è molto distante, 
l'inchiostro scorre al posto del sangue, 
basta una penna e rido come fa un clown, 
avvolte la felicità costa meno di un pound. 


Il lunedì passiamo la mattinata a prendere il sole (ah, che fatica!) e verso l'ora di pranzo ci trasferiamo in frazione Santa Maria per il pranzo all'Osteria del Vignaiolo, ristorante che avevamo già provato in passato e che si rivela una solida certezza. E che, come sempre, se vi capita di passare da quelle parti, vi consiglio di provare.
Tra una portata e l'altra (capesante con porcini come antipasto e ravioli verdi con ripieno di robiola conditi con tartufo: sublimi) ci siamo messi a chiacchierare con la coppia seduta a fianco a noi, per scoprire che - casomai servissero ulteriori conferme che il mondo è piccolo - l'uomo era stato un collega di lavoro di mio padre, più o meno 30 anni fa. 
Il dolce, nonostante non ce ne fosse bisogno, mi ha riconciliato con il mondo. 

Quindi, per affrontare al meglio la serata, siamo tornate al nostro B&B e ci siamo concesse una pennica di un paio d'ore. Al nostro risveglio, pacifiche e riposate, siamo scese in paese per l'ultima volta, pronte ad assistere al concerto di Neil Young.
Prima del concerto è venuto giù il diluvio, ma noi, che eravamo in posizione strategica nei pressi di uno stand, abbiamo guardato la pioggia scendere sorseggiando l'ennesimo bicchiere di vino, che abbiamo anche comprato (il bicchiere, davvero carino) e chiacchierando amabilmente con degli sconosciuti, poi la pioggia miracolosamente è cessata e Neil Young è apparso sul palco. Almeno credo sia apparso, perché io dalla mia postazione riuscivo ad intravedere a malapena le coriste, e a sentire la sua voce, ma di vederlo, complice il maxi schermo fisso con il logo del Crazy Horse, manco per scherzo. In ogni caso il concerto non è stato affatto malvagio. Ma, come già avevo premesso, non sono certo la persona più indicata per parlarvi di musica, quindi lascio che lo facciano persone più competenti di me, tipo la cara Nella di Rock Music Space
Resta il fatto che questi quattro giorni nelle Langhe sono stati davvero pieni ed interessanti, nonché un gran bel modo per staccare dalla quotidianità di casa-ufficio ufficio-casa. 

28 lug 2014

Finding Vivian Maier

Nonostante l'argomento uscite cinematografiche in questa stagione lasci alquanto a desiderare, la settimana scorsa sono riuscita anche a tornare in sala per la visione di un film (anzi, un documentario) che si è rivelato davvero molto interessante, infatti tutte e tre (la tiz, la bionda e la sottoscritta) siamo uscite dalla sala parecchio soddisfatte. Cosa assolutamente non facile.
Ma Finding Vivian Maier (Alla ricerca di Vivian Maier, per una volta con la traduzione ce la siamo cavati abbastanza bene) racconta la storia di una donna misteriosa, e questo contribuisce a rendere il documentario per certi versi affascinante.
Il tutto ha inizio quando John Maloof, frequentatore abituale di aste, acquista un set di negativi sperando che gli possano servire per la realizzazione di un libro sulla storia di Chicago.
Giunto a casa scopre che ha acquistato una montagna di fotografie e pacchi di rullini fotografici mai sviluppati, tutti appartenenti a Vivian Maier. Cercando di scoprire qualcosa in più su quella donna, i cui scatti possiedono quel qualcosa in più che differenzia una semplice fotografia da una grande fotografia, Maloof cerca di entrare in possesso di tutti gli altri lotti appartenuti alla donna e che erano stati messi all'asta quel giorno.
Si ritrova con una quantità sterminata di materiale inedito, (150.000 rullini) mentre di Vivian Maier, scomparsa nel 2009, nessuno sembra sapere nulla.
Pubblicando alcune fotografie in rete, viene contattato da gente che ha avuto Vivian alle sue dipendenze come bambinaia, e, attraverso le interviste a queste persone, compresi i bambini ormai cresciuti che l'avevano conosciuta, forse senza mai conoscerla realmente, esce il ritratto sfaccettato di una donna che per tutti era una bambinaia, forse un po' eccentrica e riservata, ma sicuramente non una fotografa.
E invece Vivian Maier, sicuramente con un passato doloroso alle spalle (di cui non si saprà comunque nulla, se non che la madre era francese e che per un certo periodo aveva vissuto in Francia) riusciva a trovare il tempo per andare in giro con la sua Rolleiflex al collo immortalando soggetti e situazioni fra le più disparate, dal bambino in lacrime all'homeless, dalla signora dell'alta società in pelliccia al cestino dei rifiuti, tutte con una  vena un po' tragica e dolorosa, come forse è stata la vita di questa donna, morta in solitudine e quasi vissuta nell'ombra, e che, per motivi noti solo a lei, non ha mai voluto far conoscere a nessuno la sua opera.
Le immagini che seguono sono state prese dal sito www.vivianmaier.com


23 lug 2014

chi ben comincia...

si ritrova a mercoledì e la settimana è quasi in discesa.
Lascia stare che sta piovendo, ma del resto si sa, qua ai tropici quando inizia la stagione delle piogge è così, tutto sta a farci l'abitudine. Se poi il vostro spacciatore è uno che ormai vi conosce e vi tratta bene, potrebbe procurarvi roba talmente buona la cui assunzione potrebbe davvero farvi credere di essere ai tropici, nonostante sui vostri documenti ci sia scritto Torino. Son dettagli.  


Che dire? Due giorni di ferie ed un week end fatto di musica, dibattiti, gente (tanta gente, pure troppa), ottimo cibo e buon vino, un po' di sole e un po' di pioggia (tropici, stagione delle piogge, ve l'ho appena spiegato, no?) vi fanno tornare in ufficio totalmente rilassati e pacifici. Anche con un paio di chili in più, ma anche questi son dettagli più o meno (ir)rilevanti. Del resto 4 giorni nelle Langhe lasciano il segno. E ci aggiungerei anche un echissenefrega. Un po' di dieta e sono a posto. Questo non appena avrò finito la salsiccia di Bra comprata ieri, naturalmente. 
Collisioni dall'inizio alla fine è stata comunque una bella esperienza, nonostante io detesti la folla e, soprattutto sabato, ci siano stati momenti in cui avrei voluto essere da un'altra parte. Tipo su una spiaggia deserta. Di quelle che qua ai tropici non mancano mai. 
Dopo aver abbandonato l'ufficio venerdì sera abbiamo raggiunto il Red Wine, un B&B in località Annunziata a La Morra, che si è rivelato un posto davvero delizioso, con piccola piscina, prato dove prendere il sole, camere semplici ma spaziose, soffitto a volte con mattoni a vista, parquet, balcone, piccola cabina armadio, sala per la colazione interna e terrazza esterna con vista sul cedro del Libano di Colle Monfalletto.

Insomma, per farvela breve, davvero un ottimo posto in cui trascorrere qualche giorno di assoluto relax. A noi poi è andata benissimo perché da lì raggiungere Barolo (a piedi, so di gente che ha impiegato un'ora e mezza solo per uscire dai parcheggi) è una passeggiata di 4 km. E al ritorno, con le navette imbottigliate nel traffico - del resto la strada è una sola - la camminata si è rivelata la scelta migliore. 
Il concerto dei Deep Purple non è stato affatto male, nonostante non sia mai stato il mio gruppo preferito ho riconosciuto, oltre a Smoke on the water, ben altre quattro canzoni, compresa Hush di Billy Joe Royal che hanno suonato durante il bis... 
Parecchia gente, la maggioranza decisamente agée, tutti con i loro smartphone rivolti verso il palco. Di fianco a noi uno che si agitava a ritmo di musica e contemporaneamente girava il video, non oso immaginare il mal di mare che verrà ai poverini che saranno costretti a vederlo...
Sabato dopo aver passato la mattina a bordo piscina a prendere il sole (la bionda, perchè io mi sono gloriosamente addormentata sull'amaca all'ombra) siamo andate a pranzo a La Morra. Siccome era già un po' tardi ci siamo dirette al Bar Nuova Italia, dove la proprietaria (Silvana), un donnino delizioso e gentilissimo ci ha servito un ottimo vitello tonnato e delle acciughe al verde (sì, ci piace mangiare leggero) semplicemente fantastiche.
Sosta obbligata alla Cantina Comunale dove siamo uscite con un paio di bottiglie di vino, tutte rigorosamente dei produttori della zona, quindi, dopo aver portato le bottiglie al riparo, ci siamo incamminate verso Barolo, dove abbiamo potuto ascoltare Michele Serra parlare del suo libro Gli Sdraiati (che mi attende sul Kindle), quindi è stata la volta di Francesco Guccini, che, affiancato da Carlin Petrini ha parlato del suo "Nuovo dizionario delle cose perdute", facendoci divertire parecchio, specialmente quando, citando Rabelais, ha tirato in ballo il papero nettaculo.
Il problema di Collisioni è che bisognerebbe avere il dono dell'ubiquità, perché dopo Guccini eravamo indecise se spostarci in un altra piazza per ascoltare quello che aveva da dire Mario Biondi, o se rimanere dov'eravamo per James Ellroy intervistato da Carlo Lucarelli. Complice la pigrizia, ha vinto Ellroy.
Al concerto di Elisa c'era tantissima gente, credo sia stata la serata con più affluenza. Lei ha indubbiamente una bella voce, anche se - tanto per cambiare - non si può dire io conosca il suo repertorio. Ma, nonostante questo, valeva la pena assistere al concerto anche solo per le cover di Sitting on the dock of the Bay di Otis Redding e Mad World dei Tears for Fears eseguite in duetto con Mario Biondi.  

(il resto alla prossima puntata...)

18 lug 2014

Poison goes to Collisioni

Lo so che sono anni che ripeto che ho smesso di andare ai concerti. Non per i concerti in quanto tali, ma, se con gli anni - come la sottoscritta - sei diventata insofferente alla folla, assistere ad un concerto diventa una pratica mediamente fastidiosa. 
Ma, essendo incongruente, mi piace fare cose di cui poi mi pento nell'esatto momento in cui iniziano, e così, quest'anno, per qualche inspiegabile motivo, ho deciso di farmi il festival nella sua completezza...
Io e la bionda abbiamo prenotato un B&B (CON PISCINA) all'inizio di gennaio, e domani sera ci trasferiremo in Langa, entrata da poco, con Monferrato e Roero, a far parte del patrimonio dell'umanità dell'Unesco. La zona è effettivamente splendida, e, se non ci siete mai stati, io vi consiglio di prendere in considerazione l'idea di organizzare un week end (enogastronomico soprattutto, ma non solo) in zona, perché ne vale davvero la pena e di sicuro non ve ne pentirete. 
Io gioco quasi in casa, visto che Barolo dista da Torino una settantina di km e di incursioni in zona da quelle parti ne facciamo spesso e volentieri, ma questa volta abbiamo deciso di concederci una mini-vacanza. Del resto cosa c'è di meglio di un po' di sano relax a bordo piscina nelle torride giornate di luglio prima di buttarsi nella calca?
Non fosse che... chi lo avrebbe immaginato che quest'anno per stare a bordo piscina bisognava attrezzarsi di costume di felpa e pareo di pile?
Ma abbiamo pronto il piano B: passare il tempo (vestite) giocando a carte!
Il programma di Collisioni è come sempre sterminato e ce n'è davvero per tutti i gusti.
Si inizia questa sera con il concerto del Deep Purple per finire lunedì con il concerto di Neil Young.
Che è uno dei motivi principali che mi ha spinto a partecipare alla manifestazione dal primo all'ultimo giorno. C'è stato un tempo in cui io avevo il poster di Neil Young in camera, e Harvest è uno dei miei dischi preferiti di tutti tempi, quello che, all'ipotetica domanda sui dischi da salvare e/o da portare sulla famosa isola deserta, troverebbe il suo spazio.
Ma, fra sabato e domenica, c'è davvero l'imbarazzo della scelta: Carlo Lucarelli, Francesco Guccini, Jonathan Coe, Jeffrey Deaver, Herta Muller, Marco Travaglio, Fedez, Mano, Suzanne Vega, Vasco Brondi, Dario Brunori, Caparezza, Dario Fo ecc.ecc.  Per il programma completo il sito è ww. collisioni.it.
Dubito che vi recensirò i concerti, perchè non sono in grado, e voi non ne sentite certo il bisogno, ma di sicuro vi ammorberò di immagini stupide su instagram.


17 lug 2014

Amuchina? Ma muchela!

Il maggico mondo della pubblicità mi affascina da sempre. 
Mi affascina il fatto che certa gente venga pagata per propinarci certe stronzate che più che invogliarmi ad acquistare il prodotto (sarò scema io, ma resto convinta che lo scopo ultimo della pubblicità sia questo) mi spingono a starne lontana.  
Le sorell(on)e dell'Amuchina probabilmente sono andate in ferie, perché in questi giorni è arrivata la mammacasalingaperfetta, quella che DISINFETTA frutta e verdura. 
Ok, io non faccio assolutamente testo in quanto (oltre a non essere né madre, né casalinga e meno che mai perfetta) è già tanto se la frutta la lavo, figurati se mi ha mai sfiorato l'idea di disinfettarla...
Comunque è chiaro che ognuno, con la sua frutta e la sua verdura, ci fa quello che vuole, chi sono io per impedirti di disinfettarla? 
Ma, cara mammacasalingaperfetta che disinfetti frutta e verdura così sei più serena, perché dopo mi devi spiegare che il tuo magico disinfettante fa miracoli anche sul fornello incrostato di grasso e mi inquadri una roba che non si è mai vista nemmeno nella peggio bettola visitata da Gordon Ramsay in "cucine da incubo"?
Perché, correggetemi se sbaglio, una che trova il tempo per disinfettare la qualunque non riuscirebbe a ridurre un fornello in quello stato nemmeno se ci cagasse sopra.

(*) traduzione di muchela per i diversamente lombardi: smettila. 

15 lug 2014

ci sono cose...

...per cui non è che io mi incazzi proprio (miiiii, un'altro post in cui la vecchia inizia a lamentarsi? ebbasta, dai, non se ne può più, ma questa non c'ha un cazzo da fare?) ma, diciamo, mi indispongo vagamente. 
Stamattina sono arrivata in ufficio e non funzionavano i telefoni.
Un'ora e mezza di pace assoluta in cui nessuno chiamava per proporre le loro migliori offerte nel campo dell'energia, della telefonia, della tauromachia, dell'innovation technology, delle lampade a led e dei vantaggi del fotovoltaico applicato ai corvi che stazionano sui pali della luce. 
Poi hanno riparato il guasto, l'incanto è svanito, e tutto è tornato alla normalità. 
Non vi racconterò di quando BCSdTR, dopo aver concluso una telefonata ha chiesto "ma adesso i telefoni funzionano?" perché poi sembro una che si inventa le cose. Però fidatevi. E' successo davvero.
E io le ho pure risposto. 
Poi ci si è messa la collega G, a cui hanno cambiato il telefono cellulare aziendale. Non voglio entrare nemmeno nel merito del motivo per cui la collega G abbia un telefono cellulare aziendale, non lo so né lo voglio sapere. Però tornare dalla pausa pranzo e trovarla che picchietta sui tasti (l'opzione tasti silenziosi, questa sconosciuta) bip bip bip tu tu tu e passa in rassegna tutte le orribili suonerie in dotazione a sto cazzo di telefono è una cosa che scatena i miei più turpi istinti omicidi, nonostante la mia natura zen. Dantès, smettila su-bi-to di ridere.
Ve li ricordate quelli che, con l'avvento dei primi cellulari con più di due suonerie di default passavano il tempo a provarle ovunque si trovassero? Il posto preferito era il ristorante/pub/pizzeria, ma andava benissimo anche la sala d'attesa del dentista, lo scompartimento del treno. Ricordo scene in cui costoro si estraniavano e - spaccando quattro quarti di minchia a tutto il resto dei presenti - iniziavano a passare in rassegna tutte le suonerie, dalla prima all'ultima. Per poi ricominciare, dall'ultima alla prima. 
E io, che sono la solita ingenua, credevo si fossero estinti.
E adesso vado, che sto coltivando il mio cetriolo, e richiede cure costanti. 

14 lug 2014

Il calcio e' un elemento importante, ma preferisco il fosforo.

Sono finiti i mondiali.
Mi chiedo con cosa mi addormenterò adesso sul divano (con qualsiasi altra cosa, suppongo).
Ammetto di aver seguito la competizione con un sano distacco. La maggior parte delle partite dell'Italia (ammesso che abbia giocato) le ho seguite durante il viaggio in Vietnam. All'aeroporto di Doha, il giorno dopo la partita contro il Costa Rica - unica femmina nella smoking lounge - sono anche stata sontuosamente presa per il culo da un greco e da un altro signore di cui non ho capito la nazionalità per la sconfitta subita. Manco avessi giocato io. Che vita difficile. 
Italia - Uruguay l'ho guardata distrattamente a casa. Sappiamo tutti come è andata a finire.
Brasile - Germania non l'ho nemmeno vista iniziare. Ma, al risveglio, quando ho scoperto il risultato, ho riso parecchio, nonostante io sia contro qualsiasi tipo di accanimento, in qualunque ambito. 
Quando, sabato sera, ho visto che al 3° minuto l'Olanda era passata in vantaggio (ok, il rigore non c'era, ma si sa, rigore è quando arbitro fischia, quindi...) ho di nuovo tanto riso. 
Per fortuna gli olandesi non si sono accaniti in maniera furiosa conto la Seleção, rifilando alla formazione verde oro soltanto tre pappine.
Durante Germania - Argentina mi sono addormentata, come Messi sempre. 
Con la differenza che a me nessuno mi ha premiato. 
Però sto facendo progressi: ieri ho addirittura visto un film: Merantau, di Gareth Evans.
Gareth Evans è il regista di The Raid, film visto un po' di TFF fa, dalla cui visione uscii ampiamente soddisfatta. Questo è del 2009, quindi precedente. Il protagonista è, come in The Raid: Redemption e The Raid 2: Berandal (prossimamente su questi monitor), sempre Iko Uwais, e anche in questo caso le scene di combattimento di silat, arte marziale indonesiana, non mancano. Uwais interpreta Yuda, che lasciata Sumatra, si trasferisce a Giacarta, dove, per tutta una serie di motivi, nulla va come avrebbe dovuto e lui che si era trasferito per il suo Merantau (un rito di passaggio dall'adolescenza all'età adulta, tipico dell'etnia Minangkabau) si ritrova senza casa, senza lavoro, e pure senza portafogli. Incontra Astri, che vive col fratello, e fa la ballerina in un locale gestito dal solito cattivo di turno, e Yuda ovviamente indossa la maglietta con su scritto "io ti salverò" e, fra una mazzata e l'altra il film scorre in maniera più o meno prevedibile, fino alla fine in cui, se non stai attenta, rischi pure di commuoverti un pochino.


11 lug 2014

ve la faccio breve

Altrimenti poi davvero la convinzione che io sia una che si lamenta per la qualunque diventerà una certezza e non vi abbandonerà più.
Prima le belle notizie: il mio cancello è stato riparato e funziona di nuovo.
Lo so che non vedevate l'ora di saperlo, e io sono qua apposta.
Poi.
Ieri mattina la prima cosa che ho fatto entrando in ufficio è stata schiacciarmi un dito nella porta del cesso. 
Ho bestemmiato forte. 
Adesso ho l'unghia un po' viola, sembra che mi sia sporcata con la biro. E invece.
La cosa positiva è che sono riuscita a non pisciarmi addosso. Son cose. 
Veniamo a noi.
Dal 1° settembre diventerò la segretaria dell'Amministratore Delegato. 
E no, non mi aumenteranno lo stipendio. 
Son cose anche queste. 
Stamattina mi è stato assegnato il mio primo incarico: l'organizzazione di un evento annuale. 
A Torino.
Nello stesso week end in cui (a Torino) ci sarà il Salone del Gusto.
Queste, più che cose, son cetrioli. 

Ciao, sono il primo cetriolo ufficiale della poison. 




10 lug 2014

Antonino, aspettami.

Da: Relais et Chateaux Villa Crespi 
Inviato: mercoledì 9 luglio 2014 14:29
A: Poison
Oggetto: R: informazioni

Gentilissima Sig.ra Poison,
ringraziando per l’attenzione mostrata, siamo con piacere a confermarLe prenotazione presso il Ristorante di Cannavacciuolo per il giorno XX/XX/2014, due persone, alle ore 13.00.
Attendendo di darLe il benvenuto, restiamo a completa disposizione per qualsiasi informazione e necessità.
Cordiali saluti



Che il Giubileo della Poison capita una volta sola nella vita.
E quindi, fanculo al tempo e ai soldi.

9 lug 2014

Tuoni fulmini e saette

Sono consapevole di poter dare l'impressione di essere una di quelle donnette fastidiose e/o femmine lagnose che non fanno altro che lamentarsi per questo quello e quell'altro motivo. E se fra di voi ci fosse qualche guru della psicanalisi che sta pensando "eh, per forza, non scopi!" sappia che probabilmente ha sicuramente ragione.
Detto ciò, veniamo al dunque.
Sono effettivamente una che si lamenta spesso e volentieri, ma così, per il gusto di farlo, mica perché sia realmente convinta che il destino porco e bastardo e cinico e baro ce l'abbia con me (ovvio che ce l'ha con me, altrimenti le cose non si spiegherebbero!). Perché sì, mi incazzo un po', poi 99 volte su 100 me ne faccio una ragione, ci rido su e, fondamentalmente, me ne fotto.
Che non voglio che laggente che godono delle sfighe altrui trovi soddisfazione così, aggratis.
Dato che oltre ad essere pseudofemminalagnosa nasco cialtrona, mi piace rendervi partecipi delle piccole sfighe quotidiane che mi ravvivano le giornate. Anche se spesso ne farei volentieri a meno. Di farmele ravvivare, mica di rendervi partecipi, che credevate?
Siccome quest'estate, almeno qua nel ridente nord ovest, continua a regalarci un sacco di soddisfazioni a livello climatico, lunedì sera sono rientrata a casa e, entrando in Poisonville, un tappeto verde di foglie sull'asfalto mi ha fatto pensare che, mentre io mi stavo divertendo in ufficio, avesse piovuto parecchio.
Probabilmente dev'esserci stato anche abbastanza vento, perché ho trovato il bidone della carta, che staziona stabilmente in veranda, scaraventato vicino al portoncino di ingresso, e tutta la carta in esso contenuta a macerare sugli scalini. 
Recupero il bidone, raccolgo la carta fradicia dagli scalini, sistemo tutto, e nel mentre mi ricordo di aver lasciato la finestra della lavanderia aperta spalancata. 
Scendo a controllare: pavimento bagnato fradicio. Penso che prima o poi asciugherà, in caso contrario sabato lo asciugherò io, e, nel dubbio, chiudo la finestra.
Per fortuna il gatto mi aspettava accanto alla porta, per una volta - almeno lui - asciutto. 
Fa un freddo maiale, e il cielo non promette nulla di buono. 

Ciao, sono il cielo che non promette nulla di buono



Infatti, mentre - come tutte le sere, per quel famoso problema col fuso orario di cui parlavo l'altro giorno - sto perdendo conoscenza sul divano, sento l'inconfondibile rumore dell'acqua che scende a secchiate, con sottofondo di tuoni e contorno di fulmini. 
Dopo mezzanotte (no, non voglio parlavi del film di Davide Ferrario) mi sveglio, l'orologio del microonde che lampeggia mi fa capire che, mentre io dormivo il sonno dei giusti, è andata via la luce. Esco in veranda a fumarmi una sigaretta e vedo il cancello semiaperto. Smadonno un po' fra me e me, e scendo in garage. Il portone si apre, il cancello è morto. Mi avvicino alle fotocellule: morte anche loro. Una strage, in buona sostanza.
Decido che a quell'ora non posso fare nulla, e vado a letto. Tanto per cambiare guardo due episodi di Law & Order, alle tre sono ancora sveglia. 
Il lato positivo è che martedì mattina non mi sono svegliata alle 5 come di consueto, ma alle 6, al suono della sveglia. Nelle tre ore di sonno ho pure sognato. Ho sognato che mi svegliavo e il cancello funzionava. 
Ma, siccome i sogni saranno pure desideri, ma generalmente muoiono all'alba, il cancello era esattamente nella stessa posizione in cui l'avevo lasciato. Riprendo a smadonnare nel punto in cui mi ero interrotta e cerco la chiave per lo sblocco manuale, che, incredibilmente, trovo. 
Mi faccio il caffè e me lo gusto in veranda, ma in piedi, siccome le sedie sono bagnate. 
La chiave per lo sblocco manuale non sblocca una beata minchia, il cancello non si muove di un millimetro, e, per paura di peggiorare la situazione, non mi accanisco più di tanto.  
Esce il mio vicino, chiedo aiuto, inutilmente. Arriva anche l'altro vicino, ma la situazione non cambia.
C'è da dire che dalle mie parti siamo tutti mattinieri, se non altro. 
Ho due opzioni: starmene a casa o cambiare l'assetto aerodinamico dell'auto uscendo dal garage con il cancello socchiuso. Opto per la prima, e mando un po' di SMS in ufficio. Penso alla rivolta degli oggetti e a come le comodità possano complicarti la vita quando smettono di funzionare.
Nel frattempo avevo mandato un SMS anche al tecnico dell'assistenza, spiegandogli il problema. Alle 7.20 mi chiama, istruendomi su come sbloccare il cancello manualmente. 
Riesco nell'impresa senza spezzarmi nemmeno un'unghia e, finalmente, riesco anche ad uscire di casa mantenendo invariato l'aspetto aerodinamico di Clio IV.
E, mentre nel ridente nord ovest continua a piovere, io aspetto il preventivo per la riparazione del cancello, sperando che l'assicurazione me lo rimborsi.

Ciao, sono il fulmine che ha ucciso il cancello della poison. 



8 lug 2014

Non sono io che sono cattiva, sono loro che non capiscono un cazzo.

Adesso.
Lungi da me voler generalizzare, sia chiaro. 
Anzi, massimo rispetto per tutti i lavoratori dei call center, che lo so bene che è un lavoro di merda, sottopagato e che 11 volte su 10 hai a che fare con degli emeriti rompicoglioni. 
Ciao, sono Poison, e sono un'emerita rompicoglioni.
Ricevo la bolletta del telefono/abbonamento internet. Premessa: io sono quella che da anni vorrebbe togliere il telefono fisso da casa, ma, siccome le rode il culo spendere 60€ per la cessazione della linea, ogni bimestre continua a spenderne 30. Se pensate che io sia scema, beh, sappiate che lo penso pure io, e da molto tempo prima di voi. 
Dicevo, ricevo la bolletta.
Siccome sono rompicoglioni la controllo. Tutto a posto, non fosse per un addebito di 2.08€ nella sezione "Altri costi": addebito spese distribuzione elenchi telefonici.
Allora. 
1) Io sull'elenco telefonico avevo fatto esplicita richiesta di non comparire, fin dai tempi in cui venne istituita questa possibilità. 
2) Dall'avvento di interDet non ho più sfogliato un elenco telefonico cartaceo nemmeno per sbaglio. 
3) L'elenco telefonico che tu, gestore telefonico, mi stai addebitando, fra le altre cose non l'ho mai ricevuto.
Non ne faccio una questione economica ma di principio. Sono pur sempre quella che ha mandato una mail alla sua banca per il doppio addebito del canone mensile sul conto corrente. Canone di 1 (uno) euro. 
Guardo sul sito per vedere se esiste un indirizzo e.mail per informazioni/contatti/richieste/richiami. 
No.
Telefono. 
Seguo le istruzioni, e, dopo un'attesa nemmeno troppo lunga, mi risponde Monica, operatrice diversamente sveglia. 
ODS: come posso aiutarla?
P: buongiorno, ho ricevuto la bolletta e ho notato che c'è l'addebito per l'elenco telefonico, bla bla bla, e ripeto a ODS i punti 1 e 3.
ODS: a chi è intestata la bolletta?
P: a [nome] [cognome]
ODS: mi può dire il codice cliente o il codice fiscale?
P: il codice cliente è 1234567890
ODS: e qual è il numero di telefono:
P: 1122334455
ODS: bene. Mi può dire qual è il numero di telefono?
P: Scusi, ma gliel'ho appena detto. 1122334455.
Generalmente sono diplomatica, gentile, e porto rispetto nei confronti della gente che sta lavorando.
Generalmente. Se mi prendi per idiota tendo a diventare un po' meno gentile. 
ODS: di che importo è la bolletta?
P: millemila euro.
ODS: qual è l'importo che deve pagare per questa bolletta?
P: No, ma davvero? Le ho appena detto anche questo, millemila euro. 
ODS: si vede che è appena stata emessa, perché io non riesco a vederla.
(I miei complimenti a chi vi ha fatto il programma, allora)
P: beh, io l'ho appena ricevuta, è appena stata emessa sì, mica telefono per chiedere informazioni su una bolletta di tre anni fa. 
ODS: Quando scade?
P: il 1° agosto.
ODS: va bene. Mi dica. 
(Monica, tesoro, ma ci sei o ci fai?)
P: scusi, cos'è esattamente che dovrei dirle?
ODS: motivo di telefonata.
(Ma porco cazzo, il motivo della telefonata te l'ho spiegato all'inizio, in quale momento della telefonata ti sei resettata, esattamente? O forse le cose te le devi far ripetere due volte per contratto?)
Mentre rispiego abbastanza pazientemente il motivo della telefonata già so che sarà difficile ottenere una minima soddisfazione da questa telefonata, ma ormai sono in ballo, e proseguo. 
Monica mi attacca uno spiegone sul fatto che non comparire sull'elenco e ricevere l'elenco siano due cose diverse (grazie, Monica, davvero, mi hai illuminato la giornata), al che io le faccio presente che questo l'avevo capito, ma che il problema di base è che mi stanno facendo pagare una cosa che non mi hanno dato. 
E Monica mi spiega che loro naturalmente non si occupano della distribuzione, ma che, se voglio, mi dà il numero di telefono della società che distribuisce gli elenchi così posso parlare con loro.
Ma anche no, Monica, davvero. Che lo so che la mia sarà stata l'ennesima telefonata di merda che si va a sommare alle altre ventordicimila telefonate di merda a cui tu ogni giorno sei obbligata a rispondere nel tuo cubicolo male areato, male illuminato e mal pagato. Ma se non sai cosa rispondermi, dimmelo. Invece di raccontarmi la genesi della distribuzione dell'elenco telefonico. Il risultato è lo stesso, tu avrai risparmiato tempo, e io non avrò avuto l'impressione di essere stata presa per il culo. 
Adesso provo a ritelefonare, sperando che Monica abbia finito il turno. 

7 lug 2014

Jersey boys

Quando torno da un viaggio ho bisogno di un momento di decompressione per tornare alla normalità. Se pensate che la parola "normalità" con me non c'entri molto fate conto che io abbia scritto routine. Va meglio? 
Non mi riferisco soltanto ai problemi legati al fuso orario. Che ci sono, eh? E vi dirò, più passa il tempo (mio, in senso anagrafico) e più ci metto tempo a recuperare. Una volta in un paio di giorni la questione si risolveva senza strascichi (almeno apparenti), adesso non mi bastano nemmeno un paio di settimane. E nell'ultimo caso specifico si trattava di SOLO cinque ore di differenza. E ancora adesso al mattino mi sveglio all'alba (e alla sera mi addormento al tramonto, più o meno...).
Ovviamente questo si ripercuote sulla mia vita sociale, ammesso e non concesso che io ne abbia una. Generalmente, a parte recarmi al lavoro e andare a fare la spesa, tutto il resto viene accatastato nel limbo del "prima o poi". 
Da quando siamo tornate, ovvero dal 21 giugno, io e la bionda non ci siamo più viste. Non ho visto nemmeno la Tiz, insomma, un'eremita 2.0: faccio cose, NON vedo gente. 
La programmazione cinematografica, sia chiaro, non viene in nostro aiuto: lo so che la stagione è quella che è e laggente vanno in spiaggia. E anche se vivi a Torino o a Bolzano, ti adegui come se in spiaggia ci andassi pure tu, e se proprio vuoi andare al cinema, ti accontenti di quello che passa la distribuzione. Roba che pure il palinsesto di Rete4 sembra meno peggio del solito, in questo periodo. 
Per farvela breve, sabato io e la bionda decidiamo di uscire. Per inaugurare la stagione della granita, approfittando del fatto che sabato anche il tempo sembrava essersi reso conto che fosse luglio e ci ha concesso una giornata estiva a tutti gli effetti, e, perché no? Per tornare al cinema. Abbiamo anche scelto il film: Jersey Boys, l'ultima fatica di Clint Eastwood. Spettacolo delle 19.00, per riuscire a tornare a casa in tempo e vedere Olanda-Costa Rica.
Avevo già avuto modo di parlarvi della mia passione per la granita siciliana, credo. Roba che se abiti in Piemonte, può diventare un problema. Perché quella che in molti posti vi spacciano come "granita siciliana" non ha nulla da spartire con la granita siciliana come la intendono in Sicilia. Per carità, buona è anche buona, ma, semplicemente, è un'altra cosa. 
Però, fra i vari posti che spacciano similgranite siciliane, a Torino esiste una cremeria che fa una granita siciliana come Dio comanda, con tanto di brioche siciliana (quella col "tuppo", per intenderci) che non ha nulla da invidiare a quelle che mangiano in terra di Trinacria. Che ve lo dico a fare, ormai io e la bionda siamo clienti affezionate. Spesso l'accoppiata granita (con panna, certo. Se le cose le fai, le fai bene) e brioche diventa la nostra cena del sabato sera. Come è successo sabato. 
Nel frattempo ci era anche passata la voglia di andare al cinema, e a vedere Jersey Boys non ci siamo andate. 


3 lug 2014

La Poison e lo shopping in Vietnam

Questo è un post frivolo, in cui si parlerà di shopping.
Poi non dite che non vi ho avvisati, ok?



Lo so che molti di voi penseranno che la Poison sia una tranquilla e morigerata signora di mezza età, senza vizi e... ok, dai, la smetto di dire cazzate, tanto non sono credibile.
E la smetto anche di parlare di me in terza persona, altrimenti sembro malata.
Anche se, a dire il vero, sono malata. Insomma, un po' malata. 
Non credo di potermi definire affetta da CBD, ma, nel mio piccolo, mi difendo discretamente.
Infatti ero molto dispiaciuta nello scoprire che, pochi giorni dopo la mia partenza, a Torino aprisse - in mia assenza - uno dei miei negozi di abbigliamento preferiti, ma, ovviamente, me ne sono fatta una ragione e sono partita lo stesso.
Fare shopping mi piace, ovvio che non arrivo a indebitarmi come Rebecca Bloomwood, ma, non dovendo mantenere nessuno oltre a me stessa, diciamo che cerco di non farmi mancare niente. 
Che il detto "mi manca tutto ma non ho bisogno di niente" nel mio caso si può ribaltare con "non mi manca niente ma ho bisogno di tutto". E può essere che in questo "bisogno" di comprare cose si nascondano disagio interiore o tutte le carenze affettive dell'universo mondo, ma, spendere per spendere, piuttosto che dare i soldi a un terapeuta o ad uno spacciatore, io faccio girare l'economia. 
Ovviamente anche quando sono in giro per il mondo lo shopping diventa parte fondamentale del viaggio. Fortunatamente anche sua bionditudine è un'appassionata, quindi fra un museo e un tempio, la visita al negozietto con la vetrina accattivante diventa quasi una tappa obbligata. A volte diventa una tappa obbligata per sfuggire al caldo esterno e godersi un po' di aria condizionata a sbafo, diciamolo.
In ogni modo, siccome non sono così fanatica come potrebbe sembrare, se sono in giro con qualcuno a cui la parola shopping provoca l'eritema, posso limitarmi senza problemi. 
Avete presente i tossici che dicono "posso smettere quando voglio?" Ecco, uguale. 


Fare shopping in Vietnam (parlo di abbigliamento ovviamente) se non avete le dimensioni di una dodicenne magra, potrebbe essere un problema, nel senso che le loro taglie sono piiiiiiccole. Molto piccole. Non illudetevi, anche l'XL made in Vietnam è PIU' piccola. Certo, se siete una taglia 40 e non avete le tette potete andare tranquille, che qualcosa troverete senz'altro. 
Se, come nel mio caso, la taglia 40 l'avete portata per un paio di settimane in quinta elementare, e avete la (s)fortuna di avere delle tette che nella coppa di champagne nemmeno ci entrano, ecco, fare shopping potrebbe intristirvi, e/o irritarvi e/o farvi pensare di esservi trasformate in un tricheco con la cellulite.
O, come nel mio caso, in uno scaldabagno con le tette.  
Ma.
Potete ovviamente concentrarvi sull'oggettistica, sui manifesti della propaganda, sulle teiere in ceramica e sulle ciotole di bambù, oppure potete ostinarvi come abbiamo fatto io e la bionda, e anche voi riuscirete a strisciare la vostra carta di credito con non poca soddisfazione.
Ammesso che il negozio in questione sia dotato di POS.
Mai dare niente per scontato. 
Una sera, ad Hanoi, io e la bionda dopo aver cenato al Quan An Ngon (18 Phan Boi Chau Street, Hoan Kiem district, anche se in città ce ne sono credo altri due), che ci è piaciuto parecchio, siamo tornate a piedi al nostro albergo, facendo una strada diversa rispetto a quella fatta all'andata.
Una vetrina con due abiti splendidi attira la nostra attenzione. Nonostante siano le 20.00 passate il negozio è ancora aperto. Entriamo. Tre signore sorridenti ci accolgono. Noi chiediamo gentilmente se possiamo dare un'occhiata, e loro continuano a sorridere. 
Guardiamo, proviamo alcune cose, le tre signore sorridono, la bionda decide di prendere una tunica e io un abito. Prezzi elevati per gli standard vietnamiti, ovviamente ridicoli, per il tipo di abito, per quelli italiani. 
Loro sorridono. Dopo poco capiamo il motivo di tanto sorridere: tutte e tre assieme non riescono ad articolare mezza frase in inglese. Avevo avuto dei dubbi quando ho visto il terrore nello sguardo di una delle tre quando le ho chiesto istruzioni per il lavaggio. Ma ci vuole ben altro per scoraggiarci. Estraiamo fiere ed egagre le nostre carte di credito e le tre ciamporgne iniziano ad emettere gridolini e a fare no con la testa. 
Queste tre mentecatte vendono abiti che costano un mezzo stipendio vietnamita e non hanno la carta di credito? Siamo indignate. Stiamo per andarcene sconsolate quando vediamo dall'altra parte della strada un bancomat.
Spieghiamo Tentiamo di spiegare che andiamo a prelevare e torniamo a prendere i vestiti che abbiamo scelto.
Rischiamo la vita attraversando la strada, entriamo nell'ATM, preleviamo, rischiamo una seconda volta la vita per riattraversare la strada, e, con i nostri soldi, rientriamo nel negozio. Le tre grazie ci guardano incredule. Il tempo di un prelievo e loro avevano rimesso i vestiti sugli stendini. In buona sostanza non avevano capito una beata minchia. Alla fine, non chiedeteci come, siamo anche riuscite a farci fare lo sconto.
Mi piacerebbe dirvi il nome di questo negozio, ma a) non aveva un'insegna, b) non ci hanno fatto nessuno scontrino, c) il sacchetto era anonimo. 
Posso dirvi che non è molto distante dal ristorante, è vicino ad un incrocio e dall'altro lato della strada c'è un bancomat. 
In ogni caso, altri negozi che vendono abbigliamento per taglie occidentali e che non sono troppo etnici che quando siete là vi sembra la roba più figa del mondo e qua in italia vi sentite un po' ridicole se non state andando al raduno dei fricchettoni o alla sagra dello spiedino arrotolato sono:
- Things of Substance, il cui motto è “Western Sizes, Vietnamese Prices”, vende abbigliamento in fibre naturali: cotone, lino, seta, bambu, a prezzi contenuti. 5 Nha Tho, Hanoi (vicino alla Cattedrale, orario dalle 9am alle 8pm);
- Metiseko: (abbigliamento e biancheria per la casa) 71 Hang gai, Hanoi; 03 Chau Thuong Van Street, Hoi An; 86 Nguyen Thai Hoc street, Hoi An
- Hot Chili: 67 Nguyen Thai Hoc Street, Hoi An (vicino al mercato)
- Papillon Noir: (abiti in seta dipinti a mano) 30 Tran Hung Dao street, Hoi An
- Yaly Couture sempre ad Hoi An, è una delle innumerevoli sartorie sparse per il paese, dove mi sono fatta confezionare il mio "sobrio" cappotto su misura, preparato in un giorno e consegnato comodamente in hotel: 358 Nguyen Duy Hieu Street, Hoi An.
KitKat verde e rosa... non ho indagato. 

2 lug 2014

1 lug 2014

Leggevateveli

La Poison (occhio, che quando inizia a parlare in terza persona c'è da preoccuparsi) non è mai stata un'amante dei film de paura. In compenso negli anni ha visto un sacco di film che le hanno fatto ribrezzo, ma questa è un'altra storia.
Questo per dirvi che gli amichetti miei - quelli che hanno dei blog in cui il cinema viene trattato seriamente - mica come qua che ci siamo riconvertiti in corsa - hanno deciso di dar vita a questa interessante iniziativa a cui io non parteciperò e, a partire da stasera, ogni martedì, per tutta l'estate, come ai tempi in cui eravate ggiovani e guardavate Notte Horror su Italia1, pubblicheranno un paio di recensioni di film de paura, appunto.
Quindi, che dire? Rabbrividiamo.